L’idea dell’eco villaggio nasce a maggio del 2012 per opera di un gruppo di persone che si sono riunite con lo scopo di trovare uno stile di vita alternativo più vicino ai bisogni dell’uomo e più rispettoso dell’ambiente.Mi sono avvicinata a questo progetto quasi per caso, mossa da tanta curiosità, ma anche da una certa insoddisfazione che percepivo nella mia vita. Avevo un lavoro,avevo una casa, buoni amici eppure non ero mai soddisfatta e spesso sentivo una certa alienazione, una sorta di straniamento, come di chi non si trova al posto giusto. Quando ho iniziato a vivere all’ecovillaggio di Monte Venere mi ha subito giovato il vivere a contatto con la natura ed adeguarmi ai suoi ritmi. Devo ammettere che all’inizio non è stato per niente facile, abituata com’ero alle comodità e ai ritmi cittadini. Non credo che l’ecovillaggio possa essere una fonte di serenità adatta a tutti,ma certamente lo è per me.La serenità è uno stato interiore che si  può raggiungere in qualsiasi luogo e situazione,l’importante è fare ciò che piace e ci soddisfa.Per esempio il lavoro per me più interessante è quello finalizzato a produrre concretamente ciò che soddisfa le nostre necessità. L’auto produzione è infatti uno dei nostri punti guida.Abbiamo un grande orto e una serra per il cibo biologico. Anche i detersivi e i cosmetici sono per lo più di nostra produzione e composti da sostanze naturali. Preferiamo curarci con le erbe piuttosto che con farmaci. Non utilizziamo gas e quasi nessun elettrodomestico. Per cucinare utilizziamo la legna che ci offre il bosco oppure una parabola solare che sfrutta i raggi solari per produrre energia termica. Abbiamo una doccia solare e per l’inverno un bollitore a legna.Disponiamo anche di essiccatori per la trasformazione e il mantenimento dei cibi e delle erbe

 

 

 

 

Immagini dell’eco villaggio Monte Venere in Val veddasca provincia di Varese

Si lavora tanto, la sola quotidianità da un gran da fare se pensi che per fare un caffè ci vuole mezz’ora a volte. D’inverno per farsi una doccia bisogna pensarci con anticipo per attivare il boiler,ma anche se sono tempi allungati sono ancora tempi a portata d’uomo e io li preferisco.Non guadagno soldi per il lavoro che faccio,ma lavoro a vantaggio mio e della comunità .Cosi` mi sento padrona del mio tempo e questo mi da un gran senso di libertà. C’è una cassa comune che serve a mantenere in piedi il progetto e l’alimentiamo con le offerte raccolte attraverso  l’ospitalità  ( abbiamo adibito una piccola baita a “rifugio”per gruppi o famiglie che vogliano visitarci e stare nella natura ).Seguiamo anche progetti educativi con scuole,oratori,scouts,comunità di minori . Tramite laboratori di autoproduzione vogliamo trasferire ai giovani il piacere del “fare”.Inoltre dato che ritengo che non ci sia niente di più educativo della natura, fonte di gioia e di vita, offriamo esperienze piacevoli in ambienti naturali.

 

 

 

 

 

Vivere in comunità non è facile. Bisogna a volte saper mettere da parte il proprio ego per agevolare un ideale comune più grande.Questa esperienza è stata anche una palestra per le emozioni che mi ha consentito di conoscere meglio le mie qualità e i miei difetti. Inoltre per lo più ho riscontrato che non siamo culturalmente educati a condividere, l’individualismo è un’impronta che riceviamo dalla società occidentale.Penso però che anche se c’è ancora molta strada da fare,stiamo comunque conducendo un’esperienza interessante.Sarebbe possibile replicarla qualora ci fossero le condizioni che lo consentano ,ossial’autosufficienza (fonti d’acqua, spazi abitativi, terreno coltivabile e boschivo) e la volontà di mettersi in gioco .

 

 

 

 

 

 

SERENA PACCHIONI – VIVERE IN COMUNITA`E TUTELARE L’AMBIENTE –